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SEZIONI UNITE: IL CREDITORE OPPOSTO DEVE ATTIVARE LA MEDIAZIONE


Le SS.UU. hanno stabilito che l’onere di avviare la mediazione dopo la pronuncia sulla provvisoria esecuzione grava sul creditore opposto, non sul debitore opponente.

Commento a sentenza Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 18 settembre 2020, n. 19596

di Armando Pasqua

Le Sezioni Unite si sono pronunciate sulla tanto dibattuta questione circa l’individuazione della parte obbligata a depositare l’istanza di mediazione in caso di opposizione a decreto ingiuntivo.

Il contrasto insorto tra le corti italiane è stato infine risolto con l’enunciazione del seguente principio di diritto della Suprema Corte: “nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo”.

I fatti di causa

Il Tribunale di Treviso prima e la Corte d’Appello di Venezia poi, avevano respinto l’opposizione proposta da due soggetti privati avverso un decreto ingiuntivo emesso a favore di una banca per mancata presentazione della domanda di mediazione, con la conseguente improcedibilità dell’opposizione e delle domande riconvenzionali e successivo passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo medesimo.

Le ragioni del rigetto dei Giudici di prime e seconde cure sono riconducibili all’accoglimento dell’interpretazione offerta dalla sentenza n. 24629 del 3 dicembre 2015 della Corte di Cassazione, secondo cui nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo l’onere di esperire il tentativo obbligatorio di mediazione verte sulla parte opponente.

Le parti soccombenti, dunque, depositavano ricorso in Cassazione articolato in un unico motivo: violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., dell’art. 5, d.lgs. 28/2010, per aver identificato nell’opponente la parte tenuta ad introdurre il procedimento di mediazione obbligatoria.

La Terza Sezione Civile, considerata la particolare importanza della questione, con ordinanza interlocutoria del 12 luglio 2019, n. 18741 (leggi qui il commento) rimette gli atti al Primo Presidente ai fini di un’eventuale trattazione del ricorso da parte delle Sezioni Unite.

Le ragioni della decisione

La Suprema Corte, innanzitutto, si sofferma brevemente sul contenuto dell’ordinanza interlocutoria poc’anzi richiamata (leggi qui per approfondire), in cui vengono riassunte le due tesi contrarie che hanno determinato l’intervento delle Sezioni Unite.

La prima tesi, avallata dalla sentenza 24629/2015, sostiene che, essendo il debitore opponente il soggetto interessato all’instaurazione del giudizio di cognizione piena, l’onere di depositare l’istanza di mediazione debba gravare su di lui.

La seconda tesi, viceversa, si basa sulla considerazione che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è il creditore opposto a ricoprire la posizione di attore in senso sostanziale, e dunque sia lui il soggetto tenuto ad avviare il procedimento di mediazione.

I Tribunali hanno accolto talvolta la prima, talaltra la seconda delle tesi enunciate. Vi è persino chi ha elaborato una c.d. “tesi intermedia”, ma per le Sezioni Unite la soluzione al quesito deve rinvenirsi in una serie di argomenti di carattere testuale, logico e sistematico.

Argomenti di carattere testuale

L’art. 4, comma 2, d.lgs. 28/2010, nel regolare l’accesso alla mediazione, dispone che nella domanda introduttiva vengano indicate, oltre all’organismo, alle parti e all’oggetto, anche le ragioni della pretesa. Risulta, quindi, quanto mai singolare, a detta della Suprema Corte, che debba essere il debitore opponente ad illustrare le ragioni di una pretesa che non gli appartengono.

La norma di cui all’art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 28/2010, prevede espressamente che “chi intende esercitare in giudizio un’azione” relativa ad una controversia ivi indicata si avvalga dell’assistenza di un avvocato per esperire il procedimento di mediazione in via preliminare. È, dunque, colui che introduce il giudizio a dover dare avvio alla mediazione, cioè l’attore, che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è il creditore opposto (c.d. attore in senso sostanziale).

L’ultima disposizione a sostegno di questa prima argomentazione è quella contenuta nel comma 6 del medesimo art. 5, d.lgs. 28/2010, concernente gli effetti della domanda di mediazione sulla prescrizione della domanda giudiziale. In sostanza, non appare logico, secondo gli Ermellini, che l’effetto favorevole all’attore, consistente nell’interruzione della prescrizione, si determini grazie ad un’iniziativa intrapresa dal debitore opponente (c.d. convenuto in senso sostanziale).

Il dato normativo permette di raggiungere, perciò, una prima conclusione di carattere testuale: l’onere di attivarsi per promuovere la mediazione grava sul creditore opposto.

Argomenti di carattere sistematico

La prima considerazione sotto questo profilo riprende quello che è già stato anticipato circa le posizioni processuali delle parti, creditore e debitore: “appare più conforme al sistema”, si legge, “che le parti riprendano ciascuno la propria posizione, per cui sarà il creditore a dover assumere l’iniziativa di promuovere la mediazione”. Infatti, il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, avendo natura di cognizione piena, non attiene soltanto al controllo della legittimità della pronuncia del decreto impugnato, bensì devolve al giudice il completo esame del rapporto giuridico controverso.

La seconda considerazione muove dalle conseguenze derivanti dall’inerzia delle parti: se l’onere viene posto a carico dell’opponente che non si attiva, alla pronuncia di improcedibilità seguirà l’irrevocabilità del decreto; se, viceversa, si sostiene che tale onere gravi sull’opposto, la sua inerzia comporterà improcedibilità e successiva revoca del decreto ingiuntivo, che potrà essere, però, riproposto. Da ciò deriva un evidente squilibrio: il debitore opponente che rimane inerte dovrà accettare l’irrevocabilità del decreto, mentre il creditore opposto rimasto inattivo avrà comunque la possibilità di riproporre domanda per ottenere il decreto.

La Corte raggiunge, così, una seconda conclusione, stavolta di carattere logico e sistematico: è giusto che l’onere di avviare la mediazione spetti al creditore opposto.

Conclusioni

In conclusione, le Sezioni Unite statuiscono che la soluzione di diritto al quesito non può che essere conforme al dettato costituzionale, per cui, nonostante la tesi che vorrebbe addossare all’opponente l’onere in questione sia sorretta da valide argomentazioni, inclusi il perseguimento di finalità deflattive del contenzioso e le esigenze di garantire un accesso alla giustizia senza limiti particolarmente stringenti, “tra il principio di efficienza (e ragionevole durata) e la garanzia del diritto di difesa, quest’ultimo deve necessariamente prevalere”.


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