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MEDIAZIONE OBBLIGATORIA: OGNI COEREDE DEVE PAGARE L’INDENNITA’ ALL’O.D.M.


In materia di divisione ogni condividente va considerato come un singolo centro di interessi e deve sostenere le spese della procedura

Commento a sentenza Tribunale di Lecce, II sez. civ., 4 febbraio 2020

di Armando Pasqua

Ogni erede rappresenta per legge un distinto ed autonomo centro di interessi, quindi ogni erede dovrà pagare l’indennità all’organismo di mediazione.

Questa, in estrema sintesi, la massima della sentenza in commento, che sancisce come nelle cause di divisione “approdate” in mediazione ogni coerede debba essere considerato un centro di interessi a sé stante rispetto agli altri.

Prima di entrare nel merito della vicenda, sarà utile fornire un conciso excursus storico dell’art. 5, d. lgs. 28/2010, norma contenente le disposizioni sulla condizione di procedibilità e i rapporti con il processo.

A seguito della censura di incostituzionalità avvenuta con la sentenza 272/2012 della Corte Costituzionale, e della reintroduzione della medesima disposizione, sotto la numerazione del comma 1 bis – attraverso il c.d. “Decreto del fare” (d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito dalla l. 9 agosto 2013, n. 98) –, l’art. 5 annovera tra le materie per le quali vige l’obbligatorio esperimento del tentativo di conciliazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche le divisioni.

Costringere le parti – si disse – ad esperire il procedimento di mediazione (e a sopportarne i relativi costi) in determinate materie, viola i principi costituzionalmente sanciti dagli artt. 3, 25 e 111 Cost., non solo perché subordinava l’accesso alla giurisdizione statale al pagamento di una somma di denaro per poter usufruire del servizio di mediazione fornito da alcuni enti (pubblici o privati che fossero), ma anche determinando un potenziale effetto discriminatorio nei confronti dei meno abbienti.

Nonostante la disposizione dell’art. 5, comma 1 bis, d. lgs. 28/2010, fosse stata reintrodotta dal d.l. 69/2013 convertito dalla l. 98/2013, il dibattito stentava a placarsi Orbene, tale impasse pare sia stato recentemente superato grazie all’intervento della Corte Costituzionale con la sentenza n. 97 del 18 aprile 2019 (clicca qui): con tale pronuncia la Consulta ha dichiarato la mediazione obbligatoria costituzionalmente legittima.

Veniamo ora alla vicenda in esame.

Una volta conclusosi infruttuosamente il tentativo di conciliazione in materia di divisione ereditaria, l’organismo di mediazione ingiungeva con decreto ad ogni singolo coerede di corrispondere l’indennità dovuta per il procedimento espletato; uno di essi si opponeva.

Il Giudice di Pace di Lecce, rigettando l’opposizione, condannava l’opponente al pagamento delle spese del procedimento perché ciascun coerede, al momento dell’attivazione della procedura de qua, aveva preso visione e accettato le tariffe fissate dal regolamento dell’o.d.m.

Il coerede soccombente proponeva appello dinanzi al Tribunale di Lecce, che respinge il gravame e conferma la sentenza del g.d.p. sulla base delle motivazioni che seguono.

Viene subito chiarito che, ai sensi dell’art. 16, comma 12, d.m. 180/2010, “ai fini della corresponsione dell’indennità, quando più soggetti rappresentano un unico centro d’interessi, si considerano come un’unica parte”, definendosi “indennità”, ex art. 1, comma 1, lett. h, d.m. cit., “l’importo posto a carico degli utenti per la fruizione del servizio di mediazione fornito dagli organismi” ed essendo comprensiva delle spese di avvio del procedimento e delle spese di mediazione (art. 16, comma 1, d.m. cit.).

Dopodiché, il Tribunale leccese, ponendo enfasi sulla ratio sottesa alla disciplina del giudizio di divisione contenuta negli artt. 713 e ss. c.c. – ovverossia quella di valutare la massa ereditaria da dividere tra gli eredi per formare le singole quote –, ha posto in risalto la straordinaria duttilità della mediazione e i benefici che da essa possono trarre i condividenti in caso di conciliazione:

  • innanzitutto, nella maggior parte dei casi di divisioni ereditarie, tra i coeredi in lite sono sottese rivendicazioni di carattere personale e di scarso valore giuridico, che non hanno alcun rilievo nelle aule di giustizia e che, viceversa, trovano la loro sede naturale al tavolo di mediazione, dove è possibile affrontarle, discuterle e superarle con l’aiuto del mediatore al fine di raggiungere un’intesa;
  • in secondo luogo, grazie al reintrodotto meccanismo di obbligatorietà dell’esperimento del tentativo di conciliazione in materia di divisione, i Tribunali (che, come appena sottolineato, non rappresentano il miglior contesto in cui tentare di dirimere quelli che non possono, a ragione, definirsi “contenziosi puri” perché fuori dalla mera logica vincitore-soccombente), si diceva, i Tribunali risultano sgravati dal significativo carico di lavoro che queste liti determinano e che, molto più pragmaticamente, si prestano ad essere risolte con l’ausilio del mediatore.

Ciò detto, nella pronuncia in esame si afferma che “ogni erede rappresenta un distinto centro di interessi” e quindi “ogni erede è tenuto a pagare l’indennità all’Organismo, non valendo ad escludere tale obbligo il fatto che dal punto di vista sostanziale gli interessi di due o più parti coincidano”, principio che trova conferma nella sentenza del Tribunale di Padova del 19 ottobre 2017 richiamata in motivazione.

Per cui, in definitiva, l’astratta coincidenza di interessi di più parti di un giudizio di divisione a nulla vale ai fini dell’esenzione dall’obbligo di corresponsione dell’indennità di mediazione all’o.d.m., dovendo considerarsi ogni condividente portatore di interessi suoi propri e dunque soggetto al pagamento dell’indennità de qua.