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Partecipazione necessaria delle parti, possibilità di farsi rappresentare e assolvimento della condizione di procedibilità
Commento a sentenza della XIII Sezione del Tribunale di Roma n.13630 pubblicata il 27 giugno 2019
di Armando Pasqua
Sono questi i profili intorno ai quali le ultime pronunce giurisprudenziali si stanno maggiormente incentrando in materia di mediazione obbligatoria. La sentenza n. 8473 del 7 marzo 2019 della Corte di Cassazione ha evidentemente sconvolto i precari equilibri che su questi temi i Tribunali avevano raggiunto nel corso degli anni successivi alla reintroduzione della obbligatorietà del procedimento di mediazione.
Il giudice capitolino coglie l’occasione di pronunciarsi su un caso di mancata partecipazione della parte istante al procedimento di mediazione per ribaltare i princìpi enunciati dalla sentenza 8473/2019, e lo fa nei seguenti termini.
Dopo avere puntualmente tratteggiato i punti cardine contenuti nella pronuncia, a suo dire, la sentenza della Corte di legittimità pecca di incoerenza in conclusione di un ragionamento fino ad un certo punto “chiaro, lineare e condivisibile”: “se si pone l’accento sulla centralità del contatto diretto e informale fra le parti, vera chiave di volta della possibilità di successo della mediazione (è questo che afferma la sentenza n. 8473/19 del 7.3.2019) e se si esalta la possibilità che con l’ausilio del mediatore possano essere ricostituiti i rapporti pregressi delle parti (è sempre la sentenza n. 8473/19 del 7.3.2019 ad affermarlo), come si può poi, solo perché nella legge non è stato espresso il divieto, convincentemente predicare che quello stesso legislatore abbia ammesso la valida assenza della parte personalmente?”. Sì, perché la Cassazione aveva ritenuto ammissibile la rappresentanza della parte giusta il mancato espresso divieto di legge in tal senso.
L’osservazione del Tribunale di Roma è ineccepibile, così come il resto delle motivazioni addotte in sentenza, corredate e supportate da ampia giurisprudenza di merito.
Inoltre, con riguardo alla tipologia di procura che la parte che non intende partecipare al procedimento deve conferire ad un terzo (e finanche al proprio difensore) al fine di essere validamente rappresentato in mediazione, la Suprema Corte aveva fornito le seguenti indicazioni: “allo scopo di validamente delegare un terzo alla partecipazione alle attività di mediazione, la parte
Orbene, il giudice romano nota correttamente che anche le suddette prescrizioni non sono affatto espresse dalla legge, rilevando così la contraddizione logica nelle motivazioni del giudice di legittimità, il quale in un primo momento ammette pacificamente la rappresentanza della parte ad opera di un terzo poiché non espressamente vietata dalla legge, mentre successivamente si spinge oltre il dettato normativo circa il contenuto della procura speciale di cui deve munirsi il terzo facente le veci della parte riluttante a partecipare, delineandone i confini e le modalità di conferimento.
Infine, il giudice Moriconi tiene a specificare che la procura notarile (oggetto di dibattito a seguito della più volte richiamata sentenza 8473/19 della Cassazione) “è necessaria solo laddove l’oggetto della discussione e dell’accordo sia fra quelli per i quali la legge prevede la forma scritta”.
In sostanza, con ragionamenti lucidi e normativamente fondati, dalla sentenza in commento risulta palese che le conclusioni alle quali la Cassazione è giunta non sono esattamente coerenti con il “sistema mediazione” che il legislatore aveva concepito.