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Gli accordi di ristrutturazione dei debiti nel Codice della crisi d’impresa


La disciplina degli accordi di ristrutturazione prevista dall’art. 182 bis della l. Fall. a oggi vigente è il prodotto dei molteplici interventi del legislatore che si sono succeduti a partire dal 2005, anno in cui, con il d.l. n. 35 (convertito nella l. n. 80 del 2005) l’istituto è stato introdotto nell’ordinamento. Su di essa è intervenuto modificandola anche il Codice della crisi d’impresa.

La disciplina vigente: l’art. 182 bis, L. Fall.

I punti essenziali della disciplina degli accordi, strumento utilizzabile anche ai soli fini liquidatori dell’im­presa, sono stabiliti dall’art. 182 bis, l. Fall., che stabilisce: «L’imprenditore in stato di crisi può domandare, depositando la documentazione di cui all’articolo 161, l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti; a tal fine l’accordo va depositato in Tribunale unitamente alla dichiarazione e alla documentazione di cui all’art. 161 l. Fall., nonché alla relazione di un professionista designato dal debitore in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, terzo comma, lett. d), sulla veridicità dei dati aziendali e sulla sua attuabilità, con particolare riferimento all’idoneità ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei nei seguenti termini: entro centoventi giorni dall’omologazione, in caso di crediti già scaduti a quella data; entro centoventi giorni dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti alla data dell’omologazione».

L’effetto di esenzione dalle revocatorie si produce con l’omologazione dell’accordo: a far data dall’omologazione del tribunale con la quale il tribunale valuta l’attuabilità dell’accordo e la sua idoneità ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei  allo stesso, e sempre che sia soddisfatto il prerequisito della percentuale di creditori aderenti al piano (60% del totale dei crediti 1)quanto l’impresa realizza in esecuzione del piano beneficia di un trattamento preferenziale.

L’accordo omologato è soggetto a pubblicazione nel Registro delle imprese, a partire dalla quale e per 60 giorni, i creditori per titolo e causa anteriore a tale data non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore, né possono acquisire titoli di prelazione non concordati. Nel sistema attuale l’effetto inibitorio è collegato in modo automatico alla pubblicazione della domanda nel Registro delle Imprese, a prescindere da una esplicita richiesta in tal senso del debitore.

La disposizione di cui al comma 6 dell’art. 182-bis l. Fall. consente inoltre al debitore di chiedere al tribunale la protezione del patrimonio da azioni esecutive e sequestri anche precedentemente alla sottoscrizione dell’accordo con i creditori, per un periodo non superiore a 60 giorni.

Gli accordi di ristrutturazione dei debiti nel Codice della crisi di impresa

Come detto, la disciplina degli accordi di ristrutturazione dei debiti è stata integrata e significativamente modificata dal CCI.
Tra le principali modifiche introdotte dal Codice2:

  1. i c.d. accordi agevolati di cui all’art. 60. La norma, volta a salvaguardare il patrimonio aziendale in un’ottica di continuità dell’impresa, mira ad agevolare la composizione stragiudiziale della crisi attraverso il dimezzamento della percentuale di adesione all’accordo, a condizione che il debitore non chieda né la dilazione del pagamento dei  creditori non aderenti né le misure protettive temporanee. Considerate le due condizioni richieste, la norma sembra davvero di difficile applicabilità;
  2. i c.d. accordi di ristrutturazione a efficacia estesa, regolati dall’art. 61. Si tratta della facoltà riconosciuta al debitore – oggi limitata ai crediti vantati da banche e intermediari finanziari – di chiedere l’estensione dell’efficacia dell’accordo raggiunto anche a creditori non aderenti allo stesso (salvo il diritto di questi di fare opposizione all’omologazione) che appartengano a categorie omogenee, anche diverse da quella dei creditori finanziari;
  3. A tal fine, l’art. 61 riproducendo quanto oggi stabilito dall’art. 182 septies l. Fall. richiede che: a. all’accordo aderisca un numero di creditori che rappresenti almeno il 75% del totale dei crediti appartenenti alla medesima categoria; b. che tutti i creditori appartenenti alla categoria abbiano ricevuto complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore nonché sull’avvio delle trattative per la conclusione dell’accordo e siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede; c. che i creditori della medesima categoria non aderenti all’accordopossano risultare soddisfatti in base all’accordo stesso in misura non inferiore rispetto a quanto avverrebbe in caso di liquidazione giudiziale (art. 61, comma 2, lett. d).
    Le novità rispetto al testo dell’art. 182 septies sono invece due e riguardano: l’estensione anche a creditori non finanziari,purché l’accordo abbia carattere non liquidatorio dell’impresa (art. 61, comma 2, lett. b), e la soddisfazione dei creditori possa trovare origine in misura prevalente nel ricavato della svolgimento dell’attività dell’impresa, mentre l’estensione ai creditori finanziari presuppone che l’indebitamento verso gli stessi sia almeno pari al 50% di quello complessivo (art. 61, comma 5). In quest’ultimo caso l’estensione degli effetti dell’accordo può essere chiesta dal debitore anche se l’accordo ha carattere liquidatorio;
  4. l’estensione ai soci illimitatamente responsabili degli effetti dell’accordo concluso con la società. Sino a oggi l’accordo di ristrutturazione dei debiti della società non produceva effetti nei confronti del socio illimitatamente responsabile, salvo diverso patto contrario. L’art. 59 del Codice della crisi stabilisce invece – comma 3 – che: «Salvo patto contrario, gli accordi di ristrutturazione della società hanno efficacia nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, i quali, se hanno prestato garanzia, continuano a rispondere per tale diverso titolo, salvo che non sia diversamente previsto». Anche qui l’ottica del legislatore pare essere quella di rendere più efficace l’attuazione del processo di ristrutturazione dell’impresa e il superamento della sua crisi.

L’inibitoria di azioni esecutive e cautelari dei creditori

L’inibitoria delle azioni esecutive e cautelari nel CCI non è più un effetto automatico della pubblicazione dell’atto introduttivo della procedura, ma va richiesta dal debitore appunto con il ricorso introduttivo di cui all’art. 40 CCI.

Agli accordi si applica l’art. 54 CCI rubricato Misure cautelari e protettive che detta una disciplina unitaria per dette misure in relazione a tutte le procedure previste dal Codice: questa “razionalizzazione” della disciplina operata dal legislatore della riforma dà luogo, come osservato da molti commentatori, a perplessità soprattutto in riferimento al procedimento regolato dal successivo art. 55 CCI3.

Infatti, Il Codice conferma4 quanto già previsto dall’art. 182 bis l. Fall., comma 6, vale a direla possibilità per il debitore di ottenere le misure protettive «anche nel corso delle trattative e prima del deposito della domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione»; tuttavia la domanda di tali misure va accompagnata da una documentazione – individuata attraverso una serie di rinvii ad altre disposizioni del Codice – così corposa da rendere di fatto quasi impossibile all’impresa in crisi ottenere le necessarie misure protettive.

Si pensi solo alla necessità di produrre i documenti di cui all’art. 39, disposizione che contiene l’elenco, ampliato, dei documenti richiesti attualmente dall’art.161 l. Fall., tra cui in particolare il piano economico-finanziario su cui si fonderà l’accordo stesso: è evidente che richiedere nella fase iniziale della procedura di ristrutturazione un documento che potrà essere completamente definito solo all’esito delle trattative con i creditori rischia di porre nel nulla l’istituto.


1Come osservato da A Aiello, A. Auricchio, G. Covino, L. Jeantet, in Il piano attestato di risanamento e l’accordo di ristrutturazione dei debiti nel codice della crisi di impresa, in dirittobancario.it: «L’aver fissato tale soglia ha come obiettivo quello di disincentivare fenomeni di opportunismo da parte di chi, pur essendo interessato alla conclusione dell’accordo (ma speculando sul maggiore interesse di altri creditori), non vi aderisce per mantenere intatta la sua pretesa creditoria, senza cioè negoziare e, a volte, sacrificare parte di essa ai fini della ristrutturazione.»

2La nuova disciplina entrerà in vigore il 16/8/2020.

3Il divieto di azioni esecutive e cautelari resta anche nella riforma subordinato alla pubblicazione della domanda con cui il debitore chiede di poter accedere ad una delle procedure del nuovo Codice.

4Art.54, comma 3, CCI: «3. Le misure protettive di cui al comma 2 possono essere richieste dall’imprenditore anche nel corso delle trattative e prima del deposito della domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione, allegando la documentazione di cui all’articolo 57 e la proposta di accordo corredata da un’attestazione del professionista indipendente che attesta che sulla proposta sono in corso trattative con i creditori che rappresentano almeno il sessanta per cento dei crediti e che la stessa, se accettata, è idonea ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare.»


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